L’antico e misterioso linguaggio del Bosco

In Valle Argentina si parlano tante lingue. No… non mi riferisco a quelle dei vari borghi che possono cambiare un poco per intercalare e accento, mi riferisco a quelle della natura. Non sono solo gli animali a esprimersi con i loro versi… Anche i monti, soprattutto alcuni, amano conversare, raccontando storie di guerre e fatiche con il loro tono imponente, i ruscelli che descrivono la vita più briosa e nutriente con fare materno e le radure che, in modo fiabesco, narrano di avvenimenti misteriosi e leggendari. Ma c’è una lingua, assai antica, che occorre assolutamente conoscere e che racchiude in sé molte di quelle citate poc’anzi. È la saggia parlata del bosco. Non si può non ascoltare un bosco. Ha tanto da dire.

Oggi possiamo essere certi che lui ci ascolti. Ogni volta che camminiamo nella sua macchia, le nostre vibrazioni vengono percepite dalle radici e mandate alle fronde di quelle piante o agli alberi vicini. Anche per questo ci vuole rispetto. Il bosco è vivo. È come un grande essere vivente e ha una sua intelligenza e un suo sentire. Quando entriamo in un bosco provochiamo come una specie di piccolo brivido in lui. Anche se noi siamo natura, quel tempio sacro ha bisogno di percepire cosa siamo. Per questo, l’ideale, sarebbe entrare lentamente, in punta di piedi come si suol dire, e permettere a quell’ambiente di accoglierci.

Attraverso la comunicazione che gli alberi hanno tra di loro, grazie alla parte radicale, trasmissione comprovata scientificamente dagli ultimi studi, ben presto, tutta la foresta sarà avvisata della nostra presenza e saprà chi siamo.

Le piante non hanno i neuroni come noi, pertanto, non provano un dolore fisico come il nostro ma possiamo comunque far loro del male a livello… energetico. E, credetemi, è comunque drammatico per questi alberi. A provocare loro del malessere sono quindi le emozioni emanate da frequenze che possono distruggere se con esse non decidiamo, piuttosto, di curare. Per questo, possiamo servirci della natura ma l’importante è farlo sempre donando in cambio gratitudine e amore. Quando una pianta sta male stanno male anche quelle vicino a lei e si mobilitano per aiutarla nel loro magico mondo sconosciuto ai nostri occhi. Se ad esempio viene intaccata da dei parassiti essa tenterà di autocurarsi emanando sostanze apposite o producendo secreti più zuccherini in grado di attirare insetti utili a scacciare gli invasori, così come può anche secernere elementi più amari nel tentativo di mandar via gli esseri infestanti ma avvertirà anche le altre compagne che, a loro volta, cercheranno di proteggersi e di aiutare la malcapitata attraverso la diffusione di particelle organiche atte a disinfettarla. Tutto quel mondo si muove dove nessuno viene lasciato da solo.

Non riuscendo a vedere il suo comunicare pensiamo che questo non esista ma se poniamo più attenzione non sarà poi così difficile comprendere un linguaggio decisamente affascinante. Ci sono luoghi, ad esempio, in cui il bosco non ama molto essere visitato e scoperto e quando accade lo si capisce chiaramente. La flora è selvaggia ed esagerata come quella di una giungla ingarbugliata, i rami formano arabeschi dall’aspetto quasi spettrale, i piccoli animali che lì vivono sono meno socievoli rispetto ad altri. Alcuni tronchi sottili e spezzati sembrano spade affilate, pronte ad attaccare, e tanti sono i tranelli per noi umani. In diversi modi ci sta dicendo che lì vuole proteggersi, non siamo i benvenuti e, soprattutto, se non emaniamo emozioni figlie della gioia pura ci conviene rispettare quell’ordine anche se appare umile. Al bosco piace raccontare di sé e offre sempre altre zone più ospitali nelle quali ama essere ammirato e ascoltato. Vuole svelare i suoi segreti a orecchie amiche parlando delle creature che trovano rifugio in lui o dei fiori che abbelliscono le sue stanze intricate e… da cosa nasce cosa, perché in natura, tutto è collegato e tutto è co-creatore del grande sistema. E quindi sì… può anche diventare logorroico.

Ma… quali sono le sensazioni che proviamo in quel punto in cui abbiamo deciso di fermarci un po’? Ci sembrano tristi quegli alberi? Quali fatti spiacevoli hanno vissuto e ancora oggi ricordano? Oppure, appaiono vivaci e curiosi? La natura non conosce il male come quello dell’uomo. Non esiste una pianta cattiva o una pianta buona. Non esistono neanche piante infelici o arrabbiate o gaie ma è la sensazione che permea in quel luogo ad essere importante e che si rivela a noi se sappiamo coglierla. Che tipo di energia lo avvolge? Non esistono piante alle quali affiancare aggettivi come quelli prima elencati ma esistono tanti tipi di piante e, fin dai tempi più antichi, gli esseri umani hanno dato a ognuna di loro un senso. Un senso che si è sviluppato sempre di più con il passare degli anni e dei secoli divenendo, nelle memorie e nel creato, un pensiero collettivo che ha acquisito un proprio potere. Per questo oggi il castagno è il simbolo dell’immortalità, la quercia della forza, l’abete della conoscenza, il faggio della libertà, il larice della perseveranza…

Se si conferisce questo potere al determinato albero, in qualche modo, lui risponderà…

Esso stesso, come figura, è da sempre emblema di casa, di stabilità, di crescita e di abbondanza.

Senza contare delle proprietà nutritive o adatte al benessere e ad altri scopi che ogni pianta conserva in sé. L’uomo non ha inventato nulla sotto questo aspetto ha solo ascoltato, un tempo si praticava molto l’ascolto e ha recepito quei cari suggerimenti ricchi di saggezza. Questo indica anche che, in un bosco, le piante non sono messe a casaccio ma collocate attraverso un’intelligenza creativa che le dispone nella posizione più giusta per loro e per tutto l’ambiente circostante. Intrigante vero? 

Avere rispetto di un bosco e della natura tutta è fondamentale. Il bosco ha una sua memoria persino. Non si ricorda di noi come persone ma ricorda le nostre vibrazioni. O può ricordare fatti spiacevoli o eventi gioiosi. Pensiamo ad un incendio per dire…. O ad una corsa felice degli animale…. Di certo lui non ha intenzione di farci del male ma nemmeno potrà rispondere positivamente se si emanano sensazioni negative perché è come scacciare via quelle buone seppur una loro parte possa farci del bene. Per questo, se si vuole godere appieno dei benefici terapeutici di questo grande insieme di vita, conviene sicuramente spogliarci da quelle che sono antipatiche vesti che ci impediscono qualsiasi utile connessione.

Tutto regna in armonia ed è a questo suono che dobbiamo sintonizzarci.

Ogni albero quando si piega al vento ci insegna ad accettare gli eventi della vita lasciandoci andare alla fede della nostra magnifica essenza, quando perde le foglie ci mostra come non essere schiavi degli attaccamenti e aspettarci nuove cose ancora più belle, ci istruisce sul non aver paura di mostrare chi siamo, nudi, senza maschere. Quando in lui sbocciano i fiori ci insegna ad accudire le piccole grandi cose che abbiamo. L’albero ci insegna a dare senza pretendere nulla in cambio. Ci fa capire quanto possiamo essere potenti anche senza parlare. Ci regala l’equilibrio e la centratura che non dovremmo mai perdere. E ci fa vedere la forza, la resilienza, l’essere capace di nascere e crescere anche nelle ostilità pur restando meravigliosi e illuminando chi ci sta attorno come ad essere un sole.

Da sempre esiste un legame molto stretto tra albero e uomo anche se questo rapporto poco lo riconosciamo, lo nutriamo e lo consideriamo ma fa parte di noi.

Questa è l’antica lingua del bosco. Parole da cucire nel cuore e non dimenticare. Messaggi da tradurre per imparare a comunicare in un mondo che è sorgente di vita.

Noi abbiamo intenzione di continuare a leggere questo lessico misterioso, magari assieme a voi. Quindi, continuate a seguirci ed estote parati, sempre!

Il testo che avete appena letto è l’audio del video che vi posto qui nel quale potrete vedermi all’interno del mio habitat naturale sul mio Canale YouTube.

Un Canale nel quale racconto, assieme ad un caro amico, le nostre avventure e le tante bellezze della Valle nella quale vivo.

Tutto avrà sempre uno sguardo tecnico, professionale, ironico e spirituale perciò mi farà piacere avervi assieme a me.

Buona visione, buon ascolto e se vi va seguitemi anche sulla pagina FaceBook – Wildlife in Valle Argentina – https://www.facebook.com/wildlifeinvalleargentina/ per ammirare ogni giorno un mondo fantastico!

Prosit!

Sei mia Figlia? E io ti Invidio

A scatenarsi sono memorie rintanate in un angolo dell’Essere.

In molte famiglie accade quello che poco si svela perché l’imbarazzo frena. Sembra letteralmente impossibile possa accadere, eppure succede molto molto spesso, nonostante la nostra cultura, la nostra morale e ciò che ci ostiniamo a chiamare – buon senso – facciano di tutto per impedirlo.

Sto parlando dell’invidia tra madre e figlia, un fenomeno più presente rispetto a quella tra padre e figli maschi.

L’invidia della quale parlo nasce nella mamma nei confronti della figlia ma viene subito da chiedersi come possa, una madre, essere invidiosa di ciò che dovrebbe amare più della sua stessa vita? Beh… semplice, perché una madre, prima di essere madre, è un essere umano e ha un inconscio, una mente, un cuore, una memoria e tutto il resto. Tutti “contenitori” che possono essere inquinati come quelle di chiunque altro.

Parrà strano ma, nei confronti di una figlia… ancora di più e per mille motivi. Oltre alla competizione, arrivano, come fedeli accompagnatori, anche il rimpianto e il rammarico.

La figlia (giungendo dopo in successione temporale) permette di vedere il resoconto.

Involontariamente schiaffa, davanti alla faccia della genitrice, il risultato di quello che è oggi per lei ma che non è stato a suo tempo per la mamma. Per l’”antagonista” è come rivedere quindi un video della propria vita… in uno scialbo bianco e nero.

So che tutto questo, per chi non lo ha mai vissuto, può sembrare fantascienza eppure è proprio così.

L’invidia è un sentimento che opprime, il termine nasce dal latino in-videre e significa – guardare in malo modo -, soprattutto con risentimento. Non per niente, Dante posiziona gli invidiosi nel girone apposito del suo Inferno con gli occhi cuciti. Da non confondere con l’ammirazione, tutt’altra cosa, l’invidia è un’emozione negativa, figlia anch’essa, come molte altre, della paura. [Ricordate bene questa cosa, ve lo consiglio, l’invidia è figlia della paura! (- paura, paura, paura -)]

Una madre non è una bambola finta e ha anch’essa un’esistenza precedente fatta di mancanze, di demoni oggi difficili da combattere ed eliminare. Purtroppo contrastare il risentimento è davvero arduo.

Non sto giustificando questa tipologia di madri ma la comprendo. Rendiamoci conto che stiamo parlando di donne che vorrebbero vedere distrutte le loro stesse creature. Donne che si dividono tra una specie di amore e una specie di odio. So bene che se si è pieni d’amore non c’è posto per altri mostri vari, ma occorre andare indietro nel tempo e capire che i nostri genitori sono vittime, figli di altrettante vittime, proprio come noi.

Una madre invidiosa è un grande dolore per la figlia che percepisce questa emozione a lei dedicata, ma non è rispondendo con l’odio che si può risolvere una situazione così. Pur essendo una situazione davvero drammatica. Si parla di un soggetto che si sente orfano di madre pur avendo il genitore fisicamente presente. Dire che occorrerebbe provare amore e compassione per una donna che si ritrova ad invidiare ciò che ha essa stessa creato può risultare banale ma se ci immedesimassimo sinceramente in lei, capiremmo quanto grande e schiacciante sia la sua sofferenza.

Possono esserci diverse soluzioni per smussare un po’ certi contesti o forse possono non esistere soluzioni adatte. E’ possibile provare con gli elogi, facendo sentire queste madri importanti, o provare a parlar loro con il cuore in mano proponendo la propria innocenza ma potrebbe rivelarsi tutto inutile.

La figlia non ha certo colpe se vive un matrimonio perfetto, o ha successo in ambito professionale, o gode di un buon stipendio, tutte cose mancate alla mamma, la quale però avrebbe potuto averle se

Se… questa piccolissima congiunzione dell’ipotesi… se

Una madre dovrebbe essere orgogliosa dei successi della propria figlia, dovrebbe ammirarla, sostenerla, esserle complice ma solo una madre, anzi, un essere umano “sano” può arrivare a questo. Vale per lei come vale di un’amica, di una collega… sì, anche se è la mamma.

Il momento del parto, per quanto sacro e meraviglioso sia, non riesce (per alcune persone) a cancellare altri vissuti che probabilmente hanno scaturito un trauma, il quale deve essere di gran lunga estirpato. Ne scaturiscono da lì mostri di diverse specie come: il senso di colpa, la gelosia, la svalutazione, l’intolleranza, l’insoddisfazione, etc… ma, non si deve dimenticare che l’amore è sempre presente in ognuno di noi anche se completamente celato o non manifesto.

La figlia deve purtroppo imparare a staccare, seppur con l’angoscia dentro, mentre la mamma dovrebbe capire che forse è giunto il momento di dover osservare i suoi demoni e sconfiggerli una volta per tutte per non far più del male a se stessa e agli altri.

Con questo articolo però, il mio intento, era prettamente basato sul rompere il ghiaccio verso quello che è un argomento ancora molto tabù e questa omertà, questo celare e questo evitare sono, secondo me, ancora più dannosi verso una prole che si ritrova non solo con un genitore contro ma anche con una società che non la accoglie.

Prosit!

photo puntodidomanda.altervista.org – rigaste.com – ilvinoeleviole.it – bigodino.it – rqi.me – dalleclissedellesserealmisterodelvuoto.com -adviseonly.com

Esistere o Vivere – questo è il problema

Nonostante lo smisurato ed incolmabile amore che nutro per gli animali non mi considero un’animalista convinta. La vedo un po’ come una citazione estrema al giorno d’oggi e gli estremismi non mi piacciono. Talvolta, gli animalisti convinti cadono nell’ossessione e nemmeno le ossessioni mi piacciono. E’ per questo che non sono una di quelle persone che, sui propri social, si affanna a pubblicizzare video o immagini di animali feriti, massacrati dall’uomo, con la convinzione di donare loro giustizia; ci sono altri siti molto più adatti dei miei e non amo sottolineare sempre le nefandezze che i miei simili compiono.

Un video però, l’altro giorno, un video peraltro che sicuramente avrete già visto tutti, mi ha fatto riflettere su un particolare tema che desideravo già da tempo spiegare in un mio articolo e lo faccio oggi. Il video in questione, che ho potuto notare attraverso diverse pagine di internet, è uno dei tanti di “Striscia la Notizia”, condotto da Edoardo Stoppa – l’amico degli animali – che si preoccupa di portare alla conoscenza degli animi sensibili la violenza verso questi esseri che vengono considerati inferiori.

www.striscialanotizia.mediaset.it

In questo particolare filmato, Edoardo racconta di uno Zoo (lo Zoo di Cavriglia in provincia d’Arezzo) chiuso, abbandonato ma… con tanto di animali ancora presenti al suo interno.

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Video che guardo quasi mai, non guardo la televisione a dire il vero ma questo è giunto a me e, in effetti, cercavo la nota adatta per questa riflessione.

Sono infinite le volte in cui un animale con il suo sguardo, con i suoi gesti, le sue movenze, le sue espressioni mi ha colpito particolarmente e, questa volta, ha colpirmi è stato l’Orso. L’Orso che potete vedere qui

http://www.striscialanotizia.mediaset.it/video/zoo-fallito-a-cavriglia-arezzo-_25840.shtml

Ecco, quest’Orso, sul quale non mi dilungherò a descrivere la tristezza che ha suscitato in me in quanto la considero ovvia, mi ha fatto riflettere sul senso di “esistere”, molto diverso dal significato di “vivere”. Appunto, lui esiste, e basta.

lanazione.it

Oscar Wilde diceva – Vivere è la cosa più rara al mondo. La maggior parte della gente esiste e nulla più -.

wilde-vivere-esistere

A questa affermazione alcune persone rispondono – Io esisto cavoli! E’ ovvio! Respiro, mangio, dormo, ma… non mi sento “vivo” -.

Altri affermano – Ho trascorso molto, molto tempo a esistere, poi… finalmente ho vissuto -.

Quindi la differenza tra esistere e vivere c’è eccome.

alessandropreziosi.tv

Noi esseri umani, nei casi in cui notiamo una persona esistere e basta, siamo propensi ad usare il verbo – vegetare – come se i vegetali non avessero sentimenti… ma vabbè… per capirci.

Secondo me quest’Orso, spiega bene tale differenza. Guardatelo. Cammina, respira, mangia (un addetto viene a portargli cibo quotidianamente, almeno questo, santo cielo!), respira, fa i suoi bisogni, si guarda attorno. Tutte le sue attività vitali, nonostante la malattia e gli acciacchi della vecchiaia, sono funzionanti.

Ma se chiedessimo all’Orso cosa significhi per lui vivere dite che risponderebbe che gli basta quello che ogni giorno svolge? Io penso proprio di no. Questa che sto trattando sembra una banalità ma ci siamo mai resi conto che “vivere” significa = non avere barriere? Per lui si tratta di barriere concrete, in legno e cemento, per Noi si tratta di barriere morali, astratte: paure, giudizi, preoccupazioni. Ma fondamentalmente non c’è differenza.

Vivere” significa anche poter non avere regole se non quelle infondate della natura. Mangiare quando voglio io, giocare quanto voglio io.

Vivere” significa rispettare gli altri e farsi rispettare potendo esprimere ciò che vogliamo.

Vivere” significa amarsi. Amare la propria vita. Senza amore non si vive, si esiste. E’ amando tutto che si può vivere: il luogo in cui si abita e si lavora, colui che consideriamo il nemico peggiore, le piccole cose che la giornata ci offre.

Mettersi in gioco, avere coraggio e aver voglia di creare, in continuazione. Immaginare e realizzare.

Un Orso, nel suo habitat naturale, di coraggio deve averne molto pur incutendo parecchio timore a diversi altri esseri e può creare, sempre. Strategie, metodi di sopravvivenza, attività ludiche, scelte di fuga e di protezione.

Qui cosa può creare un Orso? Il suo sguardo parla chiaro. Il suo stato d’animo si percepisce. Sta esistendo.

Non può amare, secondo me, quel luogo che gli priva la libertà e la connessione con altre fonti di vita se non qualche pianta nei dintorni.

E noi? Non vogliamo crederci, non vogliamo ammetterlo, ma siamo sinceri, quanti tra di noi vivono come quest’Orso senza nemmeno rendersene conto? Tantissimi. Pieni di barriere, in realtà inesistenti, ma per noi ben tangibili, soffocati da una routine che ci logora e ci ammazza giorno dopo giorno, spenti, senza nessunissima voglia del domani né tanto meno dell’oggi. Del giorno che stiamo vivendo… no, non vivendo… trascorrendo.

Esistendo per dei doveri e non per dei piaceri.

primediecipagine.it

 

Chiusi in una relazione scomoda per il bene dei figli o per far star zitta la gente, chiusi a svolgere un mestiere che ci deprime ogni ora che passa sempre di più per poter mangiare, pagare un affitto, chiusi all’interno di uno stato sociale che ci vuole in un certo modo e con determinati requisiti. E che ci ha insegnato a giudicare “negativamente diverso” chi, a questi requisiti, si sottrae o non riesce a sottostare.

lamenteemeravigliosa.it

Quello che mi preme è poter guardare in faccia la realtà. Il tempo passato non tornerà ma si può iniziare quando si vuole a vivere. E per Dio! Facciamolo! Facciamolo il più possibile. Non accontentiamoci di strofinare il naso su una pietra come Orso convinti che quello sia già il massimo per noi.

Ma può essere vero che il più grande miracolo tra tutti, la nostra stessa vita, voglia dire sinceramente ciò che passiamo ogni giorno? No, non credo. E’ stato trasformato in questo modo, manipolato, sagomato ma la vita è ben altra.

settemuse.it

E’ per cambiarla ci vuole coraggio.

Tutto quello che vuoi è dall’altra parte della paura (Jack Canfield).

Paura di rimanere soli, di non farcela, di essere giudicati, di morir di fame… ma non sono estremista, lo dicevo prima. E non è sempre possibile sconfiggere determinate paure, così grandi, così opprimenti che quasi addirittura ci fanno da – coperta di Linus – e senza ci sentiremo persi, vulnerabili, attaccabili.

blog.pianetadonna.it

Ma ci siamo mai allenati a sconfiggerne almeno uno di questi timori per poter “vivere” un po’ di più? Molta gente no. Molta gente è esattamente come quest’Orso. Come il Bisonte vicino. Come lo Struzzo. Come le Scimmie.

La differenza è che questi animali, nelle gabbie, non ci si sono rinchiusi volontariamente ma l’esistenza è la stessa.

Perciò, mentre compiamo l’ammirevole gesto di combattere contro Circhi e Zoo per la libertà di questi animali, quella stessa forza e quello stesso impeto usiamoli per combattere verso la nostra libertà.

johell.altervista.org

E non parlo di guerre e rivolte, per essere liberi si potrebbe iniziare con il solo sentirlo.

aforismario.net

Sentirsi tali, liberandoci noi stessi da pregiudizi e preconcetti lasciando spazio alla gioia e all’amore. Riempirci d’amore amando noi stessi se vogliamo poter amare la vita. Per essere liberi basterebbe iniziare a vivere.

Prosit!

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Balla e sii felice!

Insomma non è fantastica questa signora?

Completamente nel suo mondo.

Quando una mattina mia madre mi ha fatto vedere questo video, tramite mail per mandarmi il buongiorno, mi sono illuminata e ho voluto condividerlo con voi.

Ho aspettato con ansia fino alla fine che qualcuno si fermasse a ballare con lei ma questo non è accaduto. Peccato. Mi sarebbe davvero piaciuto un effetto “domino” improvvisato e basato unicamente sulla gioia. Probabilmente in tanti l’hanno presa in giro, mettendosi a ridere e dichiarandola pazza. A me ha aperto il cuore avrei voluto abbracciarla e poi ballare assieme a lei.

Immaginate che meraviglia sarebbe camminare per la città e incontrare tante persone che si muovono in quel modo. Al ritmo di una musica che solo loro possono sentire. Immaginate un avventore che balla al bancone di un bar attendendo il caffè, l’operaio che aspetta il collega, e quelli in fila, alle Poste. Sarebbe il mondo delle favole.

Non lo fa mai nessuno e chi osa, magari senza accorgersene, viene additato come un diverso. Diverso si, ed è bellissimo.

Dio ti rispetta quando lavori ma ti ama quando danzi – (massima Sufi).

Questa signora mette allegria. Fa amare la spontaneità. Incuriosisce il fatto di quali note siano riuscite a creare questo.

La bellezza del – lasciarsi andare -, dell’essere più forte del giudizio degli altri, di vivere quel momento come si vuole.

Che effetto fa a voi? Condividete i miei pensieri? Avete mai fatto una cosa così?

Io no, anche se spesso mi ritrovo a sorridere da sola come una scema in mezzo alla strada o a parlare tra me e me.

Ricordo però che quando ero bambina cantavo a squarciagola passeggiando per il paese e muovendomi come Lorella Cuccarini in “Odiens” con “La Notte Vola” – …con quanto fiato in gola, il buio ti innamora, qualcuno ti consola, la notte vola… – chi ha la mia età la ricorderà sicuramente. E poi? Poi cos’è accaduto? E’ accaduto che mica voglio diventare lo zimbello di tutti! Ferma e composta come una vera signora io che di signora ho davvero ben poco.

Bhè, sarà il caso di porre rimedio. Obiettivo: cercare di ballare come questa donna nel video. Senza vergogna (oh mamma mia!). Se non mi leggerete più sarà perchè mi hanno rinchiusa da qualche parte.

Dai, provateci anche voi, sapete com’è… l’unione fa la forza…

Prosit!